CRONACHE DA SPILIMBERGO
Il tempo è circolare, esso presuppone per l’umanità tutta un loop evolutivo che, esaminando ciò che chiamiamo passato, dovrebbe portarci ad un aumento di consapevolezza e a nuovi step della realtà evolutiva. Dando per scontato l’illusione del tempo, potremmo arrivare a dire che passato, presente e futuro sono sulla stessa asse e vengono vissuti da anima nel medesimo momento, questo spiegherebbe l’odioso ripetersi della stessa realtà.
Mentre il clero ed i signori locali accumulano derrate nei propri magazzini in quantità tale da farle persino andare a male, Roberto da Spilimbergo nel 1500 ci racconta con le sue cronache quanto segue:
Nel 1528 del mese de april comenzò la crudelissima caristia e la gran mortalità tra de fame e de petecche. […] A Fanna nemoritte da 600 anime, a Sequals, Colt, Solimbergo e Barbean più della mittà per villa e tutti e la maior parte de fame. Un povero mangiò una coradella d’un can ch’era stà buttato appresso il zuccul del fossal, il qual stette tre dì e più morto e puzzava. Il povero era de Spilimbergo se chiamava Tachusut. Era alle fiate innanzi le porte de le case de un de li Consorti de Spilimbergo, che io li numerai, a cercar per l’amor di Dio 180 in una sola fiata e concorreva in tutte le ville circumvicine e più de quelli de Claut e Cimolais e lì intorno e di Asio e altri lochi. Se ne trovava spessisime fiate la mattina morti per le stalle, che la notte erino andati a dormir. In la nostra stalla ne fu trovato due, in le stalle de quelli de Ser Hector ne fu trovato tre, in le stalle de li Ostieri non so quanti. In le stalle de Messer Troilo due sotto il portico sotto una botte, de Messer Adoardo due e assai sotto li portici pubblici ove dormivano e tutte le volte era una pena sentirli urlar e gemer: erano afflitti in lo volto che pareva morti, non potevano andar e similiter de li nostri de Spilimbergo morivano. […] Era una grandissima quantità de poveri in Spilimbergo e massime delle montagne cioè verso Asio e Tramonti e Claut, per modo che non era possibile substentar tanti, ita che ne moriva in Spilimbergo ogni zorno e mangiava herbe e torsi di verze e si faceva elemosine che tutti correvan per tor de li torsi de verze che mangiavan crudi come il bestiame e ne fusse pur stati. […]
Roberto de’ signori di Spilimbergo, Cronaca de’ suoi tempi dal 1499 al 1540, a cura di Vincenzo Joppi, nozze Serravallo – De Concina, Udine 1884, pp. 15-17.
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