I molti sono adorabili,
L’ uno lo è per i molti.
Saturno è un Sole ancorato,
Il Sole è un Saturno dinamico.
Tu sei il Sole che illumina,
Io sono il Sole che scalda.
Lo spazio è infinito,
Il mio Amore per te,
E’ incondizionato.
Alfredo Giorgio Parisi – VeremarØ –
Un uomo rachitico seminudo, seduto sulle ginocchia recitava una litania pregna di dolore, strofinando spasmodicamente delle pietruzze fra le mani.
Dal suo copricapo ricavato da un cranio di cervo, boccoli di capelli scuri scendevano disegualmente fin le spalle. Il mago lo raggiunse, ma il suo lupo lo precedette celebrando allo strano individuo vigorose leccate, interrompendone la di lui trance mistica. L’ uomo aprì la bocca e ne uscì un liquido verdastro, poi guardando il mago e puntandogli il dito esordì.
<<Tu! Conosci il nero ceppo luogo di divinazione, luogo pauroso, nero cammino, nero gioco cui prendon parte i vecchi!>> Sbraitando con occhi accesi, <<Nero sempre in movimento, nero martello risonante, nero luogo che toglie le forze ai grandi sciamani e che dei cattivi prende la testa.>> Salivando copiosamente a destra e a manca, <<Tu hai visto! Verde vallata creata dal verde, piccolo campo con giovani boschetti, vallata verde, verdeggiante!>> Concluse quasi strozzandosi.
Il mago aprofittò della pausa forzata per intervenire.
<<Calmati fratello, tutto questo fervore non ti giova.>>
Non ebbe tempo di fare altre riflessioni che il mistico riprese a vaneggiare ancor con più grinta e fervore di prima.
<<Nera sabbia, neri dirupi nere rane brulicanti! Tu ci sei stato! Tu hai visto! Polveroso ribollente lago nero, inferno gorgogliante!>>
Alzandosi cominciò a cantare a squarciagola, <<Nero fiume agitato, nero mare vorticoso, pallidi mostri divoratori, tu ci sei stato ed hai fatto ritorno.>> Quasi ululando, che perfino il lupo del mago ormai correva agitato quà e là non capendo cosa stesse accadendo, lo sciamano continuò la sua personale cerimonia gettandosi ora in ginocchio.
<<Risplendano i tuoi occhi stellati! Tu sei saggio come il libro della saggezza, riposati presso il tuo ombroso albero sciamanico.>> E così dicendo, ripresosi un pò e sopraggiunto un leggero contegno, invitò il suo nuovo ospite a sedersi, offrendoli un pò di vino mielato. Il mago fece per aprire bocca ma lo sciamano lo zittì infilandovi con un dito un blocco di resina, indefinito e verdastro.
<<Sei stato negli inferi, sei fortunato ad avermi incontrato, io ti purificherò affinchè gli angeli possano tornare a parlarti.>> Disse con voce sorda lo sciamano cominciando a muovere ritmicalmente la testa, ponendo il suo sguardo ai mondi superiori.
<<A me orbo date gli occhi! A me sordo fate dono dell’ udito!>> Urlava lo sciamano, poi di colpo cadde in silenzio, come ad ascoltare un qualcosa che solo lui poteva sentire, riprese con foga dando pedate e dimenandosi come un ossesso, <<Orsù, sollevati, mostrati fino alla sottile cintura!>>
Di colpo il mago fu scosso da tremori e si accasciò colpito da forti conati di vomito, <<Se tu mi conosci vattene! Non ostacolarmi!>> A quelle parole uscì dalla bocca del mago una nefasta creatura con ali da pipistrello e un sol occhio al centro del peloso corpo sferico, il mago svenne quasi immediatamente.
La materia divenne colore ed il suo corpo di luce abbandonò quello fatto di carne, tutto si perse nell’ etere, viaggiando come fosse trasportato dal vento, in balia dei flutti si trovò a vagare per lande primordiali. Galleggiando tra arbusti e scogli rocciosi, come una nebbia che tutto attraversa, vide un opossum che scrutava attento l’ orizzonte. Avvicinandosi al marsupiale il mago tentò di attraversarlo ma si ritrovò prigioniero dentro ad un corpicino dalle zampette pensili, percepì la presenza di un altro essere, si fece fondamento nel suo pensiero l’ eventualità di aver arbitrariamente preso possesso di quel corpo e di doverlo ora coabitare, per poco non scivolò dal ramo.
Il mago finalmente trovò l’equilibrio necessario per domarsi e dominare. Si fermò sulle rive di un lago, avvicinandosi e specchiandosi sulle cristalline acque vide il suo musetto biancastro, il nasino umidiccio, distolse un attimo lo sguardo ponendolo sulle sue unghie artigliate.
All’ improvviso le acque si oscurarono al calare di un ombra nera. Il mago opossum sgranò gli occhietti vedendo riflessa nell’ acqua la figura di una grossa pantera, non ebbe tempo di far nulla che una pesante zampa piombò immobilizzandolo, spaventato l’animaletto comiciò a graffiare tutt’ attorno quando come un fulmine a ciel sereno nella sua mente entrò una voce.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò disteso su delle pelli puzzolenti e con un acre sapore in bocca, il tutto condito da un leggero senso di giramento, a pochi metri il suo lupo correva saltellando con un serpente fra le fauci, lo sciamano subito dietro lo rincorreva imprecando. Ormai era giunto il giorno, una temeraria brezzolina trasportava dolci fragranze fluoreali, per un momento il mago credette di trovarsi ancora in un mondo fantastico ove tutto è possibile.
Nulla impedirà al sole di sorgere ancora, nemmeno la notte più buia, perché oltre la nera cortina della notte c’è un’alba che ci aspetta dicevano i vecchi maestri, il mago si alzò in piedi riempiendo i polmoni di linfa mattutina pronto ad una nuova giornata sulla terra.
I Benandanti (alla lettera significante “buoni camminatori”) erano gli appartenenti ad un culto pagano-sciamanico contadino basato sulla fertilità della terra diffuso in Friuli attorno al XVI – XVII secolo.
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