“Il colore della primavera è nei fiori; il colore dell’inverno è nella fantasia.”
Terri guillemets
Il mago sedeva su un grosso masso scrutando l’orizzonte, al suo fianco un gatto grande qunto un bambino di dieci anni, in posizione eretta guardava i primi fiocchi di neve scendere dal cielo.
«Sai che giorno è oggi?» Chiese il mago.
«Oggi è il giorno della zuppa di pinne di pescecane miao!»Rispose il gattone avvolto in una pesante tunica verdastra, un grazioso elmetto e delle spallucce in rame ossidato rendevano ancor più buffo lo strano animaletto.
«No mio piccolo amico, oggi è il solstizio d’inverno.» Puntualizzò il mago.
Il gattone si grattò dietro alle orecchie liberandosi dalla neve lì posatasi appena un attimo prima. Il mago protese una mano raccogliendovi al suo interno alcuni fiocchi di neve e mentre i suoi occhi si raddolcivano disse:
«Lo sai Miao che tutti questi fiocchi sono gli uni diversi dagli altri, nessun cristallo è uguale all’altro.»
Il gattone fece una buffa smorfia.
«E perchè sono bianchi?» Chiese Miao visibilmente intressato alla discussione.
«Al nostro occhio la neve appare bianca, anche se è composta da cristallini di ghiaccio trasparenti come l’acqua. Essa appare così perché ogni raggio di luce che attraversa un cristallo di neve viene leggermente riflesso. Da cristallo in cristallo continua ad esser riflessa e deviata fino a riemergere in una direzione casuale così il raggio che perviene all’occhio è una somma di tutta la luce che è emessa in quella direzione, ed è composta dalla moltitudine di tutti i colori dello spettro, dato che i cristallini di ghiaccio non assorbono alcun colore. Ai nostri occhi arrivano così tutti i colori di partenza, e di conseguenza percepiamo il colore bianco che ne è la somma.» Concluse il mago un pò affaticato.
Passarono le ore, la neve caduta incessantemente ricopriva ormai ogni cosa, compresi il mago ed il gatto. Il ragazzo dai lunghi capelli scosse il proprio mantello liberandolo dal peso della neve, il gattone di contro starnutì sonoramente. Il mago si guardò attorno, tutto era perfetto, divino.
Un puro silenzio scese sulla valle innevata, la quinta essenza, il cuore stesso della terra sembrava fare appoggio ad un celestiale disegno.
«Ora che tutto è perfetto è ora di richiamare il Signore dell’inverno dalle profondità ove dimora.» Così dicendo il mago disegnò un sigillo nella neve col propio dito, dopodichè recitò arcane parole.
Un gelido vento si generò all’interno del cerchio magico, poi il vortice divenne liquido, infine assunse la concretezza della materia. Un possente uomo dalla folta barba scrutava indispettito il giovane mago ed il suo aiutante.
«Come osi mortale scomodare un signore della mia risma.» Proruppe la voce del Signore dell’inverno.
Il mago cadde in ginocchio, poi con voce ferma disse:
«Perdonami mio signore, ti ho chiamato qui per ringraziarti dei tuoi insegnamenti, per contemplare la tua grandezza, per amare la tua essenza divina.» Il Signore dell’inverno sorrise.
«Le tue parole raddolcirebbero anche Marte, giacchè mi hai scomodato sediamoci attorno ad un fuoco prima che il tuo servitore muoia congelato.» Così dicendo i tre abbandonarono il manto invernale dirigendosi alla locanda cittadina, in cerca dell’equinozio di primavera per ricominciare una nuova vita.
Dalla raccolta Antologica “Br…Che Inverno!” della collana “Les Cahiers du Troskij Café” pubblicata dalla Montegrappa Edizioni e presentata a Roma in data 14/02/2015.
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